Nel cuore del Carso triestino, tra i comuni di Sgonico/Zgonik e Duino-Aurisina//Devin-Nabrežina, la via Bora sviluppa il suo tracciato tra filari di viti e campi coltivati.
Cenni storici
«Le contadine andavano da Sales/Saleš e dal Carso a Trieste a vender verdure, sariese (ciliegie), piselli e tutte le mercanzie che le piantava che le portava al mercato a Ponterosso. Uomini no, erano solo donne. Si svegliavano alle cinque di mattina e andavano» ci racconta Marija ricordando i tempi della sua infanzia.
Alle produzioni agricole tipiche è dedicato appunto questo itinerario di media difficoltà che, partendo dall’abitato di Samatorza/Samatorca, attraversa i borghi di Prepotto/Praprot e San Pelagio/Šempolaj, per concludersi a Slivia/Slivno.
Si parte dal centro del borgo carsico, poco dopo la chiesa di San Ulderico, e ci si sposta verso la Strada provinciale SP6, dalla quale si esce presto, spostandosi dall’asfalto allo sterrato. Si inizia quindi a percorrere strade agricole, seguendo le ampie scie dei trattori e costeggiando ambienti di grande interesse naturalistico e speleologico: la grotta Cosmini, la grotta Azzurra, la grotta Gialla e l’Abisso Romano Ambroso, tutte poco distanti dal sentiero. Tra queste, quella di maggiore interesse storico è la Grotta Azzurra di Samatorza, abitata in tempi preistorici ed utilizzata anche come riserva d’acqua dall’esercito austriaco durante la Grande Guerra.
Abbandonando il percorso per qualche centinaio di metri, gli appassionati di speleologia potranno visitare anche la Grotta Lesa e la Grotta Caterina, mentre per tutti gli altri a pochi metri sarà possibile camminare tra le trincee e le casette in pietra del parco “Lupinc Škaljunk”.
Percorrendo questo sentiero ci si rende conto di come gli agricoltori carsolini negli anni abbiano saputo affinare le loro tecniche, dando vita a produzioni di eccellente qualità. Parliamo principalmente dei vini autoctoni (Glera, Vitovska, Malvasia, Refosco e Terrano), dell’olio (da olive autoctone di qualità Bianchera-belica) e del miele, prodotto in differenti tipologie con metodo biologico e naturale.
Cenni storici
A proposito di vino, i viticoltori locali credono e investono molto nelle varietà autoctone: il Terrano, il Refosco, la Malvazija e soprattutto la Vitovska, conosciuta anche come la regina del Carso, sono prodotti di grande spessore che raccontano, ognuno a suo modo, la terra in cui sono nati, fatta di pietra calcarea cui l’uomo ha rubato qualche metro per realizzare i pastini, terrazzamenti coltivabili a picco sul mare.
Novembre è anche il mese della raccolta delle olive e della produzione dell’olio EVO. Da Muggia/Milje a San Giovanni di Duino/Štivan, aziende a conduzione familiare si dedicano a questa antichissima pratica. Attualmente, l’olivicoltura nella provincia di Trieste emerge come un settore di primaria rilevanza all’interno dell’agricoltura locale, consolidando profonde radici nel tessuto sociale e culturale della comunità locale. Non solo registra una lenta ma costante espansione in termini quantitativi, ma anche un miglioramento continuo della qualità dei prodotti.
Due sono le varietà autoctone particolarmente note e apprezzate: la bianchera (belica) e la carbona (črnica), che conferiscono all’olio un sapore unico e intenso. Oltre alle varietà autoctone si coltivano anche il Leccino, Leccio del Corno, Frantoio, Maurino, Pendolino. Il risultato è un olio giallo oro-verde dal profumo intenso ed equilibrato, piccante ma con un vago sentore fruttato che richiama anche al pomodoro.
Inoltre, la valle del Breg (Comune di San Dorligo della Valle/Dolina) viene considerata come culla dell’olivicoltura regionale, sia come origini storiche sia come qualità delle piccole pregiate produzioni locali. Nella provincia di Trieste troviamo inoltre l’unico olio extra vergine certificato DOP in regione, conosciuto come “Tergeste DOP”.
Giunti a Prepotto/Praprot, si ritorna a pedalare sull’asfalto e così si prosegue fino a San Pelagio/Šempolaj, quando dopo aver costeggiato la chiesa parrocchiale si ritorna su un comodo tratto sterrato molto semplice e alla portata di tutti.
Dopo aver ammirato il mare che spunta all’orizzonte, con una vista sulla laguna di Grado, si può visitare il simpatico Pastirska Hiška o “Rifugio del pastore”: una zona recintata con caratterstico muro a secco, dove spicca un piccolo ma pittoresco riparo, tutto costruito in pietra carsica. Subito dopo, prima di arrivare a Slivia e sempre a sud del percorso, si può effettuare l’ennesima breve deviazione per visitare il Castellilere di Slivia/Slivno, uno dei tanti insediamenti fortificati di epoca protostorica che si trovano sul Carso.
Cenni storici
Maggio è il mese delle api. In questo periodo la landa carsica è in fiore con le sue oltre 1.800 specie, e le api raggiungono il massimo della loro produttività. L’apicoltura sul Carso è praticata sin dalla notte dei tempi. Qui gli apicultori utilizzano tradizionali arnie in legno simili a casette colorate.
Il prodotto forse più diffuso è il miele millefiori, nel quale confluiscono la marasca, alcune leguminose erbacee, il tiglio, il scotano, il frassino, l’acacia, l’asparago e tanto altro. Il colore ambrato può tendere al chiaro o allo scuro, e se prodotto all’inizio della primavera è liquido, con l’avanzare della stagione si cristallizza.
Sul Carso si producono anche mieli meno conosciuti. A cominciare dal miele di marasca, un arbusto chiamato anche ciliegio canino o ciliegio di Santa Lucia, che cresce spontaneamente in zona. Il prodotto è tendenzialmente liquido, con riflessi rossastri e un sapore che ricorda le mandorle amare. Questo miele è raro in quanto prodotto da pochi apicultori che praticano il nomadismo, spostando cioè le arnie di legno nelle zone in fase di fioritura. Nel 2017 il miele marasca di Trebiciano è stato premiato come miglior miele d’Italia.
Non è raro, in primavera ed estate, passeggiare per il Carso e sentirsi improvvisamente inebriati, quasi storditi da un persistente profumo di miele. Vuol dire che nei paraggi ci sono delle acacie. Questi alberi dalle caratteristiche infestanti, presentano grappoli di fiori bianchi simili al glicine, profumatissimi, dai quali si ricava un miele liquido e chiaro, dal sentore fortemente floreale.
Dagli stessi fiori, si ricava anche uno sciroppo da allungare con l’acqua per dissetarsi nei mesi estivi.
La località di Lipizza/Lipica, distante pochi chilometri dal confine italiano di Basovizza/Basovica, deve il suo nome ai tigli: lipa, infatti, in sloveno significa tiglio. Questi alberi sono moto comuni sul Carso, e dai loro fiori si ricava un miele ambrato che da liquido tende a cristallizzare. Alberi di tiglio decorano anche la strada principale di Basovizza/Bazovica, e da questa pianta che cresce anche in maniera spontanea si ricava anche una tisana dalle proprietà sedative ed emollienti.
Infine non possiamo non parlare della melata, che è un prodotto a sé stante, anche se spesso viene confusa con il miele. La melata è il risultato della secrezione di piccoli insetti, in particolare afidi e cocciniglie, che si sono nutriti con la linfa delle piante.
Da questo composto, le api mellifere ricavano un miele viscoso, bruno, simile al miele di castagno ma più pastoso e fortemente aromatico.
- Grotta azzurra
Frequentata da uomini preistorici che lasciarono tracce del loro passaggio fin dal paleolitico, i resti più importanti risalgono alle successive fasi mesolitiche e neolitiche. - Pastirska Hiška
Questo riparo utilizzato in antichità si trova accanto al sentiero ed è facile da visitare per vedere e toccare con mano quello che un tempo era una vera e propria necessità per i pastori locali. - Castelliere di Slivia/Slivno
Il Castelliere, che risale all’età del Bronzo, ha un perimetro di 300 metri formato da una muraglia in pietra dalle dimensioni ancora imponenti, nonostante lo sfascio ed i cedimenti prodotti dal tempo. - Grotta Torri di Slivia/Pejca V Lascu
Con una profonda oltre cento metri, la grotta privata “Le Torri di Slivia” è una delle cavità più antiche del Carso triestino ed è visitabile su prenotazione.